Non c’è spazio per le mezze misure, l’infezione da Klebisella contratta in ospedale comporta un rischio enorme. Esistono diversi ceppi di questo batterio che, come lo streptococco, colonizza il corpo anche in modo fisiologico, ma le forme “ospedaliere” sono tra i microrganismi più pericolosi, definiti “superbatteri” perché hanno sviluppato una resistenza agli antibiotici e quando divampano in modo patologico mettono a serio repentaglio la vita stessa del paziente.
In altre parole, quando la tipologia di Klebisella “resistente” infetta un paziente fragile, il rischio di morte è elevatissimo. Quindi oltre al fatto che le terapie antibiotiche potrebbero risultare inefficaci o insufficienti, i tassi di mortalità associati alle complicanze dell’infezione raggiungono il 50% (Fonte: Nurse24 Quotidiano sanitario nazionale).
Questo microrganismo è presente nella mucosa respiratoria e nell'intestino ma può manifestarsi in modo patologico in varie parti del corpo.
Ne esistono di diversi tipi e per comprendere quale sia il miglior antibiotico caso per caso è necessario un antibiogramma. La tipologia KP, acronimo di Klebsiella pneumoniae è molto temuta in ambito ospedaliero non solo per la sua pericolosità in pazienti fragili o immunodepressi ma soprattutto per la sua resistenza agli antibiotici.
La trasmissione della Klebisella può avvenire per contatto diretto o indiretto con una persona o un oggetto contaminato, o per trasmissione aerea. È stato riscontrato negli ospedali il rischio di contrarla durante i ricoveri, nelle circostanze di interventi chirurgici e a seguito dell’utilizzo prolungato di dispositivi invasivi come la ventilazione forzata o i cateteri, ma anche per la presenza nella stessa stanza di una persona affetta.
In particolare, la forma antibiotico-resistente può condurre a sviluppare polmonite, ascessi nei polmoni tali da richiedere un intervento chirurgico per la loro rimozione, ma anche infezioni del sangue e multiorgano.
Questa è ovviamente una descrizione di massima, sufficiente però a comprendere come sia fondamentale che all’interno degli ospedali siano osservati meticolosamente dei protocolli specifici atti a prevenire il contagio che anche quando non porta al decesso può peggiorare gravemente lo stato di salute del paziente e ridurlo nelle condizioni di dover essere operato una o più volte.
Nel caso di danno o di morte di un familiare e davanti a una richiesta di risarcimento danni da parte della famiglia, la struttura sanitaria è tenuta a provare di aver rispettato a pieno i protocolli e condotto tutti i gli esami diagnostici sul paziente atti ad individuare la terapia migliore.
Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento per un’infezione da Klebisella, ogni caso va valutato nel suo contesto da professionisti del settore medico legale. Per chiarire le idee ti consiglio la lettura del manuale che trovi qui sotto. Puoi scaricare gratuitamente il pdf e leggerlo in totale privacy: all’interno troverai proprio indicazioni utili per affrontare consapevolmente tutto il percorso.